Il welfare aziendale territoriale per un welfare più inclusivo

Articolo di · 14 gennaio 2022 ·

Aggregare risorse e competenze per un welfare aziendale “a filiera corta”, capace di ridurre le frammentazioni del sistema produttivo italiano. Il focus sul welfare aziendale del quinto rapporto di Percorsi di secondi welfare

Una delle sezioni in cui si articola per il quinto rapporto di Percorsi di secondo welfareIl ritorno dello Stato sociale? Mercato, Terzo Settore e comunità oltre la pandemia” è un sondaggio condotto con esperti del settore sulle tre forme di secondo welfare: il welfare aziendale territoriale, quello filantropico e quello di prossimità.

Le domande, per ognuno dei comparti, hanno riguardato tre macrotemi: le trasformazioni durante la pandemia e nel futuro, il posizionamento della leadership di organizzazioni chiave  nelle dimensioni pubblico-privato e nazionale-locale nell’area di welfare analizzata,  il contributo riguardo agli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Sul primo macrotema, gli esperti sono stati concordi nel ritenere che il welfare aziendale e le altre due forme di secondo welfare hanno contribuito a mitigare gli effetti della pandemia, rispondendo ai bisogni emersi in questo biennio. Parallelamente, secondo gli stessi esperti, le tre aree di welfare si sono modificate per rispondere ai bisogni dell’emergenza sanitaria in un processo di innovazione sociale con nuovi strumenti e nuovi attori. Incertezza, invece, permane fra gli esperti sul fatto che i tre comparti possano acuire o meno le differenze e le diseguaglianze fra territori, ed è stata rilevata la necessità di una regia pubblica che coordini per evitare la frammentazione. welfare aziendale territoriale

Per quel che riguarda specificatamente il welfare aziendale, Valentino Santoni, ricercatore di Percorsi di secondo welfare, conferma come esso abbia rappresentato un significativo sostegno per fronteggiare le conseguenze della crisi pandemica. Molte imprese  hanno rivisto le misure di welfare a seguito della pandemia e dei nuovi bisogni da essa generati, utilizzando flessibilità organizzativa, lavoro agile, congedi e permessi, sostegno alla didattica a distanza, polizze e coperture.

Il welfare aziendale è in continua crescita, nonostante la pandemia. I contratti collettivi nazionali di lavoro firmati dai sindacati confederali che lo prevedono, con misure di flexible benefit, sono dieci e riguardano 2,4 milioni di lavoratori e oltre 159.000 imprese. In alcuni di questi contratti (metalmeccanici, pubblici esercizi, telecomunicazioni)  il peso del welfare aziendale è molto importante.

Secondo OCSEL-CISL il welfare aziendale è presente in un terzo nei contratti integrativi aziendali. Il biennio 2020-21 ha visto però una loro stabilizzazione a causa del covid-19, molti accordi hanno infatti riguardato le crisi aziendali e le misure legate alla pandemia.

Secondo i dati del Ministero del Lavoro, il 60% dei contratti integrativi aziendali che prevedono premi di risultato, includono misure di welfare aziendale. Questo dato riguarda una platea di 2,5 milioni di lavoratori.

La progressiva diffusione del welfare aziendale, sostengono i ricercatori, ha contribuito a una riduzione delle polarizzazioni ideologiche sul fenomeno, con una maggiore apertura verso il ruolo sociale del welfare aziendale.

welfare aziendaleSul welfare aziendale pesano però differenze territoriali che, con la pandemia rischiano, di acuirsi, perché esso tende a replicare le fratture presenti nel sistema produttivo italiano (tra nord e sud, tra imprese di dimensioni diverse, tra settori produttivi). Per questo, il rapporto di Percorsi di secondo welfare, assegna un ruolo importante a un welfare aziendale territoriale – “a filiera corta” -, proprio in funzione di una riduzione delle diseguaglianza, in grado di valorizzare e promuovere le reti e le formule collaborative.

Percorsi di secondo welfare definisce il welfare aziendale territoriale come una forma di welfare aziendale aperta al territorio e incline ad attivare filiere di produzione locali, capaci di mettere a sistema le risorse locali, a partire dal Terzo Settore e non solo, innescando circoli virtuosi di sviluppo sociale ed economico in una prospettiva sostenibile e inclusiva.

Coinvolgendo il territorio, le imprese possono aggregare competenze e risorse economiche anche in territori frammentati. Si possono attivare filiere locali di produzione e di valore economico e sociale, e aggregare attori differenti: dal pubblico, molto importante anche in relazione alle risorse del PNRR, al Terzo Settore, alle reti di imprese, alle parti sociali. Fra gli stessi provider di welfare aziendale, si sono costituite anche imprese del Terzo settore, come l’impresa sociale Welf@reIN, partecipata della Mutua sanitaria Cesare Pozzo.

Il welfare aziendale territoriale può anche utilizzare strumenti diversi: dalla contrattazione alla bilateralità, fino alla co-progettazione o cogestione di servizi territoriali.

In ottica futura, sottolineano i ricercatori, il welfare aziendale può facilitare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile della parità di genere (Obiettivo 4) e della mobilità sostenibile (Obiettivi 11, Città e comunità sostenibili, e 13, lotta contro il cambiamento climatico), favorire lo sviluppo economico del territorio (Obiettivi 8, lavoro dignitoso e crescita economica, e 12, consumo e produzione responsabili), promuovere reti territoriali e collaborazioni (Obiettivi 9, imprese, innovazione e infrastrutture, e 17, partnership per obiettivi). Il welfare aziendale può contribuire in questo senso, grazie alla sua capacità di includere le piccole e micro imprese, di attivare sul territorio filiere locali, di uscire dal perimetro della singola impresa allargando la platea dei beneficiari e di sviluppare governance più articolate, creando partnership fra i vari attori coinvolti.


    Lascia un commento