Lavoro, studio, formazione e sport: le leve su cui investire per offrire loro inclusione e valorizzazione e permettere di contribuire alla vita dei paesi ospitanti
Sono studenti, insegnanti, atleti, cuochi, medici e infermieri costretti a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, a lasciare gli affetti, la loro casa e tutto ciò che un tempo era la loro vita per cercare salvezza in un altro paese. I rifugiati portano con loro un personale bagaglio di competenze che può diventare un valore aggiunto per le comunità nelle quali saranno accolte.
Nella Giornata mondiale del rifugiato, l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, lancia la campagna “Insieme possiamo fare la differenza – Together we can do anything” per chiedere la loro piena inclusione in ogni ambito della società, dal lavoro allo studio allo sport.
Le persone che fuggono da luoghi di guerre e conflitti, spesso affianco al dramma delle situazioni difficili che hanno vissuto, portano con loro la voglia di ricominciare e per sostenerli in questo loro percorso, secondo gli esponenti di HNHCR, risulta fondamentale un lavoro congiunto di comunità e governi che miri all’inclusione e alla loro valorizzazione. Gli ambiti identificati e ritenuti fondamentali sui quali investire per cercare di garantire tutto questo, spaziano dal lavoro alla formazione, dallo studio allo sport.
Il lavoro e la formazione restituiscono dignità e autostima permettendo di diventare indipendenti e di contribuire all’economia delle comunità ospitanti. Lo studio può aiutare a costruire un futuro migliore, a perseguire aspirazioni, a contribuire alle comunità e a ricostruire i loro paesi. Lo sport, invece, può promuovere il benessere fisico e mentale favorendo il legame con le comunità di accoglienza.
Il programma di attività previste a sostegno dell’obiettivo di questa giornata spazia dall’iniziativa Fashion Deserves the World, organizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con UNHCR che ha l’obiettivo di inserire quindici rifugiati e migranti nelle aziende della moda italiana mentre il Ministero della Cultura lancia il progetto di realizzazione di una campagna digitale che diffonde sui canali social le opere di artisti e intellettuali rifugiati che si sono avvicendati nei secoli e che sono conservate nelle collezioni statali.
Partendo dal dato concreto sul quale creare obiettivi e progetti, occorre capire quale sia l’attuale situazione dei migranti in Italia e in Europa.
Secondo i dati diffusi dal Ministero degli Interni, nei primi cinque mesi del 2021 sono sbarcate in Italia 14.655 persone, un aumento del 181% rispetto allo stesso periodo del 2020, quando arrivarono circa 5.200 persone.
Per quanto riguarda l’Europa invece, se si considerano gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi cinque mesi del 2021 sono arrivati circa 29.800 migranti, mentre nello stesso periodo del 2020 furono circa 24.400.
I minori stranieri non accompagnati sbarcati nel 2019 sono stati 1.680, nel 2020 4.687 mentre nel 2021 se ne sono registrati 2.824.
In generale, il numero dei migranti negli ultimi anni risulta in calo. Nel 2020, ad esempio, in Italia sono arrivate via mare poco più di trentamila persone, un numero in crescita rispetto al 2019 e al 2018 ma decisamente contenuto rispetto agli anni precedenti. In Europa, attraverso la porta del Mediterraneo, sono entrate circa 95 mila persone, anche questo dato in continuo calo negli ultimi anni.
Drastica la riduzione degli arrivi in Grecia, in ripresa significativa invece gli ingressi in Spagna, l’approdo più frequentato. Tra i paesi di provenienza dei primi cinque mesi del 2021 spicca il Bangladesh (2.500 persone, il 17% degli arrivi) che dopo molti mesi supera la Tunisia, seguita da Costa d’Avorio, Eritrea, Guinea, Egitto, Sudan, Marocco, Mali e Algeria. Per quanto riguarda il genere e l’età delle persone sbarcate, il 68% dei migranti arrivati sulle coste italiane nel 2021 è di sesso maschile, le donne sono il 10%, i minori il 22%. Diminuisce inoltre la percentuale di uomini adulti che negli anni precedenti era sempre stata superiore al 75%.
L’Italia, tra i paesi europei, rimane in testa con 14.655 arrivi di migranti, seguita da Spagna con 10.875 migranti, Grecia, 3.116, Cipro 1.074 e Malta 147.
Per quanto riguarda le strategie adottate al loro arrivo, tutti i paesi coinvolti adottano linee simili finalizzate a fermare le partenze, e per questo risultano decisivi i rapporti con la Turchia a est, la Libia e la Tunisia nel Mediterraneo centrale, il Marocco nel Mediterraneo occidentale.
Per quanto riguarda la situazione migrazione con il Covid-19, le emigrazioni forzate non risultano diminuite nel 2020, anzi sembrerebbero addirittura aumentate. Come è noto, la libertà di movimento e di migrazione (prevista dall’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) si è fortemente ridotta sia fra gli Stati sia all’interno degli stessi e in piena pandemia planetaria, il numero dei profughi durante il solo 2020, ovvero degli sfollati interni, internally displaced people (IDP), ha raggiunto il massimo annuale dell’intero decennio, 40,5 milioni di individui in 149 differenti Stati. Più di tre quarti, circa 30,7 milioni sono fuggiti da catastrofi, eventi estremi climatici e geomorfologici: tempeste, uragani, tifoni, inondazioni, incendi, terremoti, eruzioni. Alcuni non sono sopravvissuti e quelli che si sono salvati sono divenuti ecoprofughi. La gran parte dei movimenti e delle migrazioni forzate si sono concentrate nel Sud-Est asiatico e nel Pacifico: tre paesi, Cina, Bangladesh Filippine, hanno avuto ciascuno oltre quattro milioni di profughi interni. Gli esperti sottolineano comunque che gli stessi numeri sopra riportati potrebbero essere sottostimati poichè la pandemia ha reso difficile la raccolta dei dati e ha spinto diverse persone a evitare i rifugi “certificati” per paura di infettarsi.