La qualità dell’aria è in miglioramento ma servono interventi più incisivi. In Europa più di 400.000 morti prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico, in Italia 52.300
La Giornata internazionale dell’aria pulita e cieli azzurri del 7 settembre è stata proclamata dalle Nazioni Unite in considerazione dei rilevanti impatti che la qualità dell’aria ha sulla salute e sul clima, anche in relazione agli obietti di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
In Italia la situazione non è delle migliori. A novembre 2020, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a esprimersi su una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione del diritto comunitario sul tema, aveva stabilito che il nostro Paese dal 2008 al 2017 ha violato la normativa europea sulla qualità dell’aria, superando in modo sistematico e continuo i valori limite alle concentrazioni di particelle di Pm10.
L’Agenzia europea dell’ambiente ha pubblicato un classifica sulla qualità dell’aria nelle città europee. La classifica, basata sui livelli medi di particolato fine (Pm 2,5) degli ultimi due anni, vede la presenza di ben quattro città italiane nelle ultime dieci (su un totale di 323 città): Cremona, in penultima posizione, Vicenza, Brescia e Pavia. Poco meglio, sempre in Pianura Padana, Venezia (311ª), Piacenza (307ª), Bergamo (306ª), Treviso (304ª), Milano (303ª) e Torino (298ª).
L’Agenzia europea dell’ambiente ricorda come il particolato fine sia “l’inquinante atmosferico con la maggiore incidenza sulla salute in termini di morti premature e malattie” e che “l’esposizione a lungo termine al PM2,5 causa malattie cardiovascolari e respiratorie. Sebbene negli ultimi dieci anni si sia registrato un netto miglioramento della qualità dell’aria in Europa, dall’ultima valutazione annuale effettuata dall’Aea in tale ambito si evince che nel 2018 l’esposizione al particolato fine ha causato circa 417.000 morti premature in 41 paesi europei”.
Il report Air Quality in Europe 2020 dell’Aea, indica per l’Italia 52.300 morti premature dovute all’inquinamento atmosferico.
A marzo il Parlamento europeo aveva approvato una risoluzione che chiedeva una migliore attuazione degli standard attuali di qualità dell’aria e la previsione di nuovi standard per inquinanti non regolamentati, come le particelle ultrafini, il black carbon, il mercurio e l’ammoniaca. Anche la risoluzione ricordava i rischi dell’inquinamento atmosferico per la salute e le morti premature da esso causate.
Come l’Aea per l’Europa, anche il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, nel suo ultimo rapporto annuale (edizione 2020) certifica in Italia un miglioramento della qualità dell’aria negli ultimi cinque anni con tutti i valori medi annuali di Pm10, Pm2,5 e biossido di azoto (NO2), inquinante quest’ultimo legato alle emissioni da traffico, la cui forte diminuzione nel 2020 è imputabile al lockdown.
Nel 2015 il biossido di azoto superava il limite di 40 microgrammi al metro cubo nel 13% delle stazioni di monitoraggio e nel 2020 solo nel 2% di esse. In miglioramento anche il particolato: nel 2020 il Pm10 ha superato il limite sulla media annua nello 0,4% delle stazioni (nel 2015 nel 4%), il Pm2,5 ha superato il limite sulla media annua nel 2% delle stazioni (nel 2015 nel 4%). Per i superamenti giornalieri, invece, il miglioramento rispetto al 2015 è stato molto meno rilevante, soprattutto nella Pianura Padana, anche per condizioni metereologiche favorevoli agli inquinanti nel 2020. Il limite UE per il Pm10 del superamento di 50 microgrammi al metro cubo per più di 35 giorni è stato sforato nel 29% delle stazioni di monitoraggio italiano (nel 2015 nel 39%).
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda, per gli inquinanti dell’aria, parametri sanitari più restrittivi di quelli attuali dell’Unione Europea: per il Pm10 una media annuale massina di 20 microgrammi al metro cubo e superamenti giornalieri per non più di tre giorni l’anno.
Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente specifica che, utilizzando le raccomandazioni dell’Oms, in Italia nel 2020, “solo il 39% e il 24% delle stazioni fanno registrare valori rispettivamente inferiori a quelli guida per la media annuale di Pm10 e di Pm2,5; il 24% delle stazioni non supererebbe il limite di 50 microgrammi al metro cubo per più di 3 giorni all’anno”.
Il rapporto Mal’aria di città 2021 di Legambiente, ricorda che nel 2020 “sono 35 le città capoluogo di provincia che hanno superato almeno con una centralina la soglia dei 35 giorni con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo prevista per le polveri sottili (Pm10)”, con in testa Torino. Nel rapporto si legge anche che, guardando alle soglie indicate dall’Oms, 60 città italiane (il 62% del campione) hanno registrato una media annuale superiore: maglia nera Torino, seguita da Milano.
Secondo Legambiente, per migliorare la qualità dell’aria, “è urgente intervenire in maniera rapida con misure efficaci affrontando il problema in modo strutturale e con una pianificazione adeguata e incrociando due temi cruciali: quello della mobilità sostenibile e dell’uso dello spazio pubblico e della strada prevedendo interventi ad hoc che, se integrati insieme ad altre misure riguardanti il settore del riscaldamento e dell’agricoltura, potranno portare benefici immediati e duraturi”.
Le proposte vanno dal potenziamento del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa elettrica, allo stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città, allo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma sempre inquinanti. Inoltre corsie preferenziali per il trasporto pubblico, estensione delle aree pedonali, percorsi ciclopepdonali, zone 30, abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito e a metano nei prossimi anni (anche grazie al bonus del 110%), cambiamenti della filiera agro-zootecnica.
Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente suggerisce per arrivare a non sforare i limiti normativi UE e di tendere a quelli dell’Oms, un approccio sinergico delle riduzioni di tutte le emissioni: da trasporti su strada, industriali, da combustione di biomassa e attività zootecniche.