La storia di sperimentazione della democrazia politica ed ecomomica delle Società operaie di mutuo soccorso, dall’Unità d’Italia alla Repubblica: un modello valido anche per il presente e il futuro
Quello del rapporto fra Società di mutuo soccorso e costruzione della democrazia italiana è un tema a volte dimenticato. Tuttavia il ruolo giocato in questo senso nella storia d’Italia, dall’Unità alla Repubblica, è stato fondamentale, per cui giova ricordarlo in questa Giornata internazionale delle democrazia del 15 settembre.
Secondo lo storico Michelangelo Ingrassia “la storia delle Società Operaie di Mutuo soccorso è qui riconsiderata come storia di una sperimentazione politica. Si punta cioè a ripensare l’esperienza delle Società Operaie interpretando i sodalizi come piccole agorà in cui gli operai, i braccianti, i contadini, gli artigiani, gli impiegati, gli intellettuali sperimentano per la prima volta nella storia d’Italia il vivere democratico e decidono di trasformarlo in traguardo politico da realizzare” (Le società operaie di mutuo soccorso e la lotta per la democrazia in Italia. Storia di una sperimentazione politica, 2017).
Mutuo soccorso e democrazia sono profondamente legati. Nella seconda metà dell’Ottocento le Società di mutuo soccorso, sorte per rispondere ai bisogni di protezione sociale dei lavoratori creati dallo sviluppo industriale e che non trovavo tutele nelle Stato liberale, erano già strutturate secondo governance di tipo democratico.
Stesse regole democratiche anche nelle cooperative che andavano nascendo proprio in quegli anni per dare risposte ai bisogni economici dei soci (consumo, abitazione, lavoro), in un processo di quasi filiazione dal mutuo soccorso estendendo la mutualità e i suoi principi ai settori produttivi.
Nelle società di mutuo soccorso, e nelle cooperative, i soci eleggevano i propri amministratori, approvavanono i bilanci e decidevano le proprie regole – e lo fanno tuttora – secondo il principio di un voto per testa, a prescindere dai contributi associativi versati (nelle società di mutuo soccorso) o dalle quote di capitale sociale sottoscritte (nelle cooperative).
Un confronto con il coevo livello di partecipazione nello Stato liberale italiano post-unitario è utile per comprendere l’importanza delle pratiche democratiche di questi attori dal basso.
Nel 1861 la legge elettorale dell’Italia unita, ereditata dallo Stato sabaudo, prevedeva un suffragio ristrettissimo. L’elettore doveva essere maschio, avere 25 anni di età, saper leggere e scrivere, pagare una certa quantità di tasse (censo) o appartenere a certe professioni. Con questi requisiti l’elettorato si riduceva al 2% della popolazione.
Una legge del 1882, diminuì l’età per il voto a 21 anni, abbassò i requisiti di censo e diede il diritto di voto a chi avesse superato l’esame di seconda elementare (la scuola dell’obbligo si limitava a questo e solo dal 1877). Per effetto della riforma, in un Paese quasi analfabeta quale l’Italia di allora, gli elettori salirono al 7% della popolazione italiana.
Nel 1912 si arrivò al suffragio quasi universale maschile (i maschi privi di alcuna istruzione potevano votare a partire dai 30 anni) e nel 1918 al suffragio universale maschile. Il vero e proprio suffragio universale, con l’estensione del diritto di voto alle donne, fu introdotto con legge del 1945. Le donne, per i loro primi voti, dovettero aspettare le elezioni amministrative del 1946 e il 2 giugno dello stesso anno il referendum monarchia-repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente.
Anche a questo proposito, le società di mutuo soccorso rappresentarono una palestra di democrazia. Già nell’Ottocento, infatti, c’erano società di mutuo soccorso esclusivamente femminili, la cui organizzazione era basata sugli stessi principi democratici dei più diffusi sodalizi maschili (i casi di sodalizi misti erano abbastanza rari).
“All’interno dei sodalizi – scrive Ingrassia – gli operai, i braccianti, i contadini, gli artigiani, gli impiegati, gli intellettuali, oltre a fare fronte per soddisfare i bisogni di assistenza e previdenza, praticarono tutti assieme il Risorgimento delle masse con la vita collettiva, con la solidarietà, con la cooperazione e il mutuo appoggio; con le elezioni degli organismi interni e la lotta all’analfabetismo che contribuirono alla formazione di una coscienza culturale e politica nelle classi subalterne; con la partecipazione delle donne; con l’autogoverno, l’autorganizzazione, l’autogestione; esercitando e diffondendo diritti e doveri sociali; convertendo, peraltro, il mutualismo e il cooperativismo in idee-forza dell’economia democratica opposte al capitalismo liberale e al collettivismo marxista, consolidando dal basso, finisce Mastellone [S. Mastellone, Storia della democrazia in Europa da Montesquieu a Kelsen, 1986], l’abitudine alla vita democratica”.
Un modello di moderne forme di sperimentazione della democrazia politica ed economica, secondo Ingrassia, utilizzabile anche nel presente, “è possibile riprendere l’esperienza delle Società Operaie come punto di riferimento e termine di paragone della costruzione di una società e di uno Stato veramente democratici”.