Sono più di 300 le lingue dei segni utilizzate nel mondo. Giornata internazionale delle lingue dei segni ne promuove il riconoscimento legale per l’identità linguistica e la diversità culturale delle persone sorde
We Sign For Human Rights!: segniamo per i diritti umani è il tema della Giornata internazionale delle lingue dei segni del 23 settembre. La Giornata, nelle intenzioni, è istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per sostenere e proteggere l’identità linguistica e la diversità culturale delle persone sorde. La Federazione mondiale dei sordi in questa giornata vuole promuovere il diritto all’uso delle lingue dei segni in tutti gli ambiti della vita per una società più inclusiva.
La Giornata si inscrive nella più ampia Settimana internazionale delle persone sorde, lanciata per la prima volta a Roma nel 1958 (clicca QUI per tutti gli eventi organizzati dall’Ente nazionale sordi).
L’Italia, attraverso il decreto Sostegni di maggio 2021, ha riconosciuto ufficialmente, con ritardo rispetto agli altri Paesi europei, la lingua dei segni italiani (LIS) e la lingua dei segni tattile italiana (LIST), nonché la figura professionale dell’interprete di queste lingue.
Secondo quanto indicato dalla Federazione mondiale dei sordi, le persone sorde nel mondo sono più di 70 milioni, l’80% delle quali vive in Paesi in via di sviluppo. Nel mondo sono utilizzate più di 300 lingue dei segni.
Le lingue dei segni sono lingue naturali a pieno titolo, con significati precisi e assodati, strutture e sintassi proprie, al pari delle lingue parlate. Esiste anche una lingua dei segni internazionale, meno complessa e con un lessico limitato.
La risoluzione con la quale l’Assemblea generale dell’Onu nel 2017 ha istituito la Giornata internazionale delle lingue dei segni, promuove il riconoscimento legale delle lingue dei segni per proteggere la diversità linguistica e culturale. La stessa risoluzione riconosce come vitale per le piena realizzazione delle persone sorde l’accesso precoce alla lingua dei segni nazionale e a servizi in lingua dei segni, inclusa l’istruzione.
Le lingue dei segni hanno una lunga storia, essendosi sviluppate naturalmente all’interno delle comunità di persone sorde. Se ne ritrovano riferimenti fin dall’antichità, Platone ne fa menzione nel dialogo Cratilo. In Europa, tuttavia, le persone sorde per lungo tempo non furono considerate mentalmente capaci, per cui scarsa attenzione fu posta dagli udenti alle lingue dei segni, considerate metodi di comunicazione primitive. Non così in altre aree del mondo, come dimostra ad esempio l’uso di una lingua franca dei segni per le comunicazioni commerciali fra varie tribu di nativi americani.
Nel XVI secolo Pedro Ponce de Leon, un monaco benedettino, iniziò ad educare i figli sordi della nobiltà spagnola, secondo un metodo impostato sull’oralità per cercare di far parlare i sordi, bandendo quindi la comunicazione a gesti. Tale tradizione oralista, corredata da libri e manuali, si diffuse dalla Spagna al resto d’Europa.
Nel XVIII secolo il clima culturale dell’illuminismo favorì nuovi metodi di insegnamento e una riconsiderazione del ruolo delle persone sorde. In Francia, l’abate Charles-Michel de l’Epée, osservò e studiò i gesti dei suoi allievi sordi, arrivando a elaborare nuovi gesti e una grammatica e a fondare la prima scuola pubblica per sordomuti. Il suo metodo ebbe successo e sbarcò anche in Nord America. Fra i suoi successori, August Bébian innovò l’insegnamento, rompendo con i segni artificiali e cercando di utilizzare invece la lingua dei segni naturale sviluppata dalle persone sorde.
In Italia, tra la fine del ‘700 e la metà del XIX secolo si svilupparono scuole simili a quelle francesi e americane.
Nel 1880 il Congresso di Milano, al quale parteciparono educatori di tutto il mondo, rappresentò una vera e propria battuta di arresto per lo sviluppo delle lingue dei segni. I partigiani, soprattutto italiani e francesi, dell’educazione oralista ebbero il sopravvento, bandendo in Europa la lingua dei segni dai contesti ufficiali e dall’insegnamento dei bambini sordi. Nei 100 anni seguenti le persone sorde poterono utilizzare la loro lingua naturale solo fra loro. I congressisti statunitensi erano di diverso parere e infatti oltreoceano la lingua dei segni continuò a svilupparsi.
Verso la fine degli anni ’50 del Novecento, il linguista William Stokoe studiò la lingua dei segni, arrivando alla conclusione che la sua organizzazione era molto simile a quella delle lingue vocali. Le ricerche successive contribuirono alla nuova diffusione delle lingue dei segni e al loro riconoscimento come vere e proprie lingue.