La sanità integrativa

Articolo di · 21 marzo 2017 ·

A fianco del Ssn (primo pilastro), ritroviamo la sanità categoriale (fondi chiusi) e le mutue sanitarie (fondi aperti), sopravvissute-riformate dopo la nascita del Ssn, nell’insieme il cd secondo pilastro. Il terzo pilastro sanitario è invece composto dalle forme sanitarie assicurative individuali o collettive (polizze offerte dalle aziende ai propri dipendenti come benefit di welfare aziendale).

Le fonti istitutive dei fondi sanitari sono molteplici: contratti e accordi collettivi tra le parti sociali, atti regionali e di enti territoriali, evoluzioni di enti non profit, in particolare società di mutuo soccorso, ecc.

Sul  lato  della  domanda,  il  sistema  sanitario  italiano  è  composto  dalla  generalità  dei cittadini utenti del Ssn, con obblighi o meno di copayment; dai cittadini associati a forme di intermediazione (fondi bilaterali, fondi territoriali, società di mutuo soccorso); da quelli clienti di assicurazioni (con rapporto diretto o i cui premi sono pagati da altri, come i benefit garantiti dal datore di lavoro); e infine da quelli   paganti direttamente (out of pocket – o.o.p.) il prezzo della prestazione.

In termini economici, si tratta di 109 miliardi di spesa pubblica destinata al Ssn e di 27 miliardi di spesa privata, fortemente differenziata a livello regionale (Del Vecchio et al 2013). Di questi ultimi circa 3 miliardi sono destinati al copayment (Cantù e Longo 2014).
Sul totale dei 27 miliardi di spesa privata, si stima che solo 4-4,5 vengano intermediati (di cui solo 1 attraverso strumenti assicurativi) (Mastrobuono e Labate 2012; Vecchietti 2014) mentre la spesa propriamente o.o.p. raggiunge i 22-23 miliardi. Se si considera anche la spesa privata sociosanitaria si arriva ad una stima di 44 miliardi di euro (Campedelli 2015). A tutt’oggi quindi, rispetto alla spesa privata complessiva, la copertura della sanità intermediata è piuttosto contenuta.

L’Italia risulta avere una incidenza della spesa sanitaria privata non molto dissimile da quella di Germania e Francia, mentre è inferiore rispetto a quella di Spagna e soprattutto del Regno Unito. Ciò che caratterizza l’Italia nel quadro europeo è la maggiore incidenza della spesa o.o.p. sul totale della spesa privata.

All’Anagrafe del Ministero della Salute risulterebbero registrati 361 fondi, di cui 337 riconosciuti secondo le caratteristiche dei Decreti che stabiliscono le agevolazioni fiscali, con una platea di iscritti di circa  6 milioni di persone, a cui sono da aggiungerne altre 5 a cui sono estese le coperture in quanto familiari delle prime (Labate 2011; Vecchietti 2014).

Il settore è in crescita sul lato dei fondi categoriali e dei c.d. fondi di fondi. Meno lineare è la situazione dei fondi aziendali (Colombo 2012; Pavolini 2013; Sbarra 2013). In crescita risultano inoltre le società di mutuo soccorso gemmate dalle banche di credito cooperativo (Cassola 2014).

Con le risorse gestite i fondi sanitari integrativi offrono prestazioni di tipo: complementare, già garantite dal Ssn, con forme di copayment (ticket e franchigie), o di rimborso diarie per ospedalizzazione  o  malattia;  supplementare,  non  garantite  dal  Ssn,  quali  le  spese odontoiatriche, oculistiche, ecc.; sostitutive, erogate dal fondo attraverso convenzioni con produttori, già garantite dal Ssn ma rese così più facilmente fruibili ai propri soci (leggi: liste di attesa, scelta del professionista o delle strutture, orari di accesso, ecc.).

Le forme giuridiche assunte sono non profit (casse sanitarie aziendali, fondi sanitari negoziali nonché società di mutuo soccorso), ovvero società di capitali privati (nel caso dei fondi dei fondi, third party administrator e società assicurative) o a totale controllo pubblico (come Pensplan in Trentino Alto Adige). A seconda del tipo di ente, cambiano ovviamente le forme di governance e gli attori deputati alla funzione di indirizzo e controllo. I modelli gestionali, inoltre, dipendono molto dalle dimensioni, dalla storia e dal tipo di attività che vengono svolte (Cavazza e De Pietro 2012), con una dinamicità interna ai singoli attori che mette in luce strategie di impresa alquanto diversificate: processi associativi tra mutue (Maggi 2012; Cassola 2014); spin off che permettono di superare l’alternativa fondo chiuso e fondo aperto (es. Fasi e Fasi open); diversificazioni di prodotto compatibili con regimi fiscali diversi a seconda che il target siano singoli associati o aziende (es. Campa, Testa 2008); affidamento a third party administrator della gestione amministrativa (es. Previmedical; Unisalute) insieme o meno all’individuazione di broker (es. Assidim, Rbm salute e Munich Health) per la copertura parziale o totale di una parte o di tutti i rischi garantiti (Vecchietti 2012).

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