Hikikomori: quando la stanza è un rifugio sicuro

Articolo di · 20 maggio 2021 ·

Il rifiuto delle pressioni sociali fino al completo isolamento nella propria camera: un incontro sul fenomeno sociale dell’hikikomori promosso dal Coordinamento Donne della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, in collaborazione con l’Associazione Hikikomori Italia e con il sostegno della Fondazione Cesare Pozzo per la mutualità.

 

“Stare in disparte” è il significato letterario di Hikikomori, un fenomeno nato in Giappone negli anni ’80 che sta registrando, anche in Italia, numeri significativi. Il termine fa riferimento alle persone che hanno deciso di ritirarsi, volontariamente, dalla vita sociale e relazionale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria casa e, nei casi più gravi, nella propria camera da letto, rifiutando qualsiasi contatto diretto con il mondo esterno, e spesso, anche con i propri genitori.

Aspetti comportamentali, cause e aiuti a supporto del reinserimento del ragazzo nella società, saranno al centro dell’incontro del 31 maggio alle ore 18 in modalità on-line, promosso dal Coordinamento Donne della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, in collaborazione con l’Associazione Hikikomori Italia e con il sostegno della Fondazione Cesare Pozzo per la mutualità.

L’evento si avvarrà della partecipazione della dottoressa Chiara Illiano, psicologa-psicoterapeuta, coordinatrice Area Psicologica dell’Associazione Hikikomori Italia per il Lazio, della testimonianza di un genitore di un hikikomori e sarà moderato dalla dottoressa Romelia Bauso, psicologa-psicoterapeuta.

Chiara Illiano, psicologa-psicoterapeuta, coordinatrice Area Psicologica dell’Associazione Hikikomori Italia per il Lazio

L’Hikikomori non è una forma di depressione poiché non è una psicopatologia, né un sintomo di un disturbo psichiatrico, come ben evidenzia la letteratura scientifica internazionale. Questo fenomeno può però portare a psicopatologie come il disturbo d’ansia, quello da attacchi di panico, o il disturbo ossessivo compulsivo – afferma la dottoressa Illiano – La causa primaria è riconducibile alla pressione da realizzazione sociale che si vive principalmente nelle società economicamente sviluppate ed è proprio in questo tipo di agglomerato urbano che questo fenomeno prende maggiormente piede. Per pressione sociale – continua la dottoressa – si intende non solo quella che deriva dalla società, ossia la ricerca del lavoro, il laurearsi, il doversi sposare ma anche quella proveniente dai coetanei come, ad esempio, indossare scarpe all’ultima moda o avere il cellulare più ricercato, o l’essere ai primi posti sui social: avere, quindi, un’immagine che risponda alle aspettative degli altri. Le persone in isolamento rifiutano tutte queste pressioni, decidendo quindi di chiudersi”.

Ad essere più colpiti da questo fenomeno sono soprattutto gli adolescenti tra i 15 e i 20 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%), per un totale di circa 100 mila casi. Si registra, inoltre, anche una grandissima incidenza nella fascia di popolazione over 40 poiché, come sostengono gli esperti, sebbene l’hikikomori insorga principalmente durante l’adolescenza, può cronicizzarsi con molta facilità con il rischio che possa potenzialmente durare tutta la vita. In Giappone, avendo avuto un esordio più lontano nel tempo, esistono anche hikikomori di 70 anni con un totale di circa 600 mila casi. 

L’hikikomori è una scelta di vita – afferma Illiano – Certamente la chiusura rispetto ad ogni relazione con il mondo esterno presuppone l’esistenza di un disagio ma è importante dire che nell’isolamento molti ragazzi non vivono in uno stato di inerzia ma, al contrario, producono e coltivano le loro passioni. Nella nostra associazione abbiamo tante persone che nelle loro stanze imparano le lingue, si specializzano nella programmazione, portano avanti un progetto e, grazie al lavoro dell’Associazione Hikikomori Italia, esiste la possibilità di certificare le competenze acquisite. Quello che come esperti facciamo è spingere i genitori a entrare nel mondo dei figli scoprendo delle loro caratteristiche importanti. Accanto a hikikomori attivi, esistono però anche persone chiuse in camera senza svolgere alcuna attività, situazione meglio definita dagli esperti come terza fase.”

Il termine isolamento, da inizio pandemia, ci riporta subito alla quarantena e alle restrizioni richieste per ridurre la diffusione del contagio da Covid-19.

“All’inizio della pandemia si affermava che eravamo tutti hikikomori – afferma la dottoressa Illiano – è però necessario evidenziare che l’isolamento per un hikikomori e quello richiesto dalla quarantena sono due tipi di solitudini molto differenti con due disturbi psicologici diversi. La maggior parte della popolazione ha patito il lockdown perché voleva uscire, svolgere delle attività ma era obbligata a stare in casa. L’hikikomori, al contrario, non vuole uscire, non si sente solo stando a casa ma stando tra la tanta gente.”

Il capitolo lockdown e hikikomnori ha sviluppato differenti scenari: “ci sono state persone in isolamento da tanto tempo che con la quarantena hanno vissuto un apparente miglioramento: diminuendo le pressioni di realizzazione sociale e dovendo stare tutti in casa non si sono sentiti più diversi dagli altri ma, al contrario, uguali alla maggioranza – afferma la dottoressa – Occorre riportare anche il caso di persone che stavano cercando di reinserirsi nella società dopo un periodo di lavoro su loro stessi ma hanno vissuto un duro contraccolpo ritrovandosi nella situazione dalla quale cercavano di uscire  e con gli stessi schemi con i quali combattevano da tempo. Infine, abbiamo registrato anche il caso di persone che sentivano il desiderio di isolarsi ma che, per motivi vari, non la hanno mai assecondato e che con il lockdown hanno provato uno stato di benessere”.

Analizzate le cause e i comportamenti, è fondamentale capire come aiutare i giovani hikikomori a reinserirsi nella società.

“Essendo un fenomeno sociale e non una psicopatologia occorre intervenire sulla società, sul sistema in cui la persona è inserita e il primo passaggio da compiere è quello verso la famiglia – continua la dottoressa – Molti autori affermano che nel caso dell’hikikomori si sia rotto un sistema di comunicazione e relazioni che ha potato la persona a isolarsi. Il nostro compito primario è quindi quello di ristabilire un corretto sistema di comunicazione all’interno della famiglia invitando il genitore ad evitare ogni tipo di pressione verso il figlio. Sono molto comuni atteggiamento come il parlare all’infinito del problema con il figlio, staccare internet, invogliarlo ad uscire. Tutto questo però, produce un effetto contrario, ossia induce la persona a chiudersi ancora di più”.

Il lavoro rivolto ai genitori si svolge in differenti modi: attraverso gruppi di mutuo aiuto presenti in tutta Italia, supporti individuali, consulenze genitoriali finalizzate a lavorare sulla comunicazione e sulla relazione o anche percorsi psicoterapici. “Con il passare del tempo, modificando il sistema di comunicazione e relazione all’interno della famiglia, si è visto come la persona in isolamento si rilassa aprendosi di più con il genitore – afferma Illiano – In molti casi, il ragazzo si rende conto che la vita che sta vivendo non è funzionale e arriva lui stesso a richiedere un supporto e un aiuto”.

L’intervento degli esperti è rivolto anche alle scuole intese sia come insegnanti e sia come studenti, attraverso un lavoro di informazione e di formazione. “Oltre a questo approccio – continua la dottoressa – lavoriamo molto anche a livello psicoterapeutico: contattiamo gli insegnanti e stiliamo un programma di reinserimento per il ragazzo hikikomori e, in questo, il supporto della scuola è indispensabile perchè permette un processo graduale. Il mondo scolastico è l’ambiente privilegiato di socializzazione del ragazzo e spesso i primi campanelli d’allarme arrivano proprio da lì: i ragazzi iniziano a saltare le lezioni o ad evitare momenti ricreativi con gli altri compagni. E’ quindi importante che l’insegnante sia informato e formato per riconoscere i segnali potenzialmente critici che manifesta l’alunno e che sappia comunicare in maniera adeguata con lui. Il ruolo della scuola è importante anche nella fase di reinserimento poiché spesso si ricomincia a frequentare proprio dalle lezioni nelle quali il ragazzo si sente più a suo agio, con il professore che gli dà maggiore fiducia o gli incute meno timore”.

Il principale obiettivo dell’Associazione Hikikomori Italia è quello di informare, sensibilizzare e tentare di accendere una riflessione critica sul fenomeno con lo scopo di capire e non di curare, di affrontare il problema senza stigmatizzarlo e senza giudicare.

Per comprendere meglio cosa sia l’hikikomori, quali siano le sue vere cause e come intervenire, segui l’evento del 31 maggio alle ore 18.00 in modalità on-line usando le seguenti credenziali: 

https://zoom.us/j/99317796831

ID riunione: 993 1779 6831

 


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