Tiroide: imparare a riconoscere i primi sintomi

Articolo di · 3 giugno 2021 ·

Molto diffusi soprattutto tra il genere femminile, le tiroiditi colpiscono un italiano su cinque: fondamentali l’apporto di iodio e un accurato screening

Stanchezza, dimagrimento, cardiopalmo, irrequietezza e tremori ma anche intolleranza al freddo, peggioramento del tono dell’umore, fatica a concentrarsi e rallentamento psicomotorio. Sono alcuni dei sintomi legati ad un mal funzionamento della tiroide, patologie molto diffuse soprattutto tra le donne, principalmente durante periodi quali la gravidanza o la menopausa, ossia quando il corpo della donna vive un’alterazione ormonale.

Dottor Antonio Cuzzoli, specialista in endocrinologia ed ematologia della Casa di Cura Città di Parma

“Le patologie tiroidee sono essenzialmente femminili – commenta il dottor Antonio Cuzzoli, specialista in endocrinologia ed ematologia della Casa di Cura Città di ParmaLe donne hanno, infatti, dalle otto alle dieci volte in più di possibilità rispetto agli uomini di soffrire di patologie autoimmuni della tiroide perché esposte a condizionamenti genetici ma soprattutto ormonali. I primi sintomi possono rendersi manifesti nel periodo della gravidanza e nel post gravidanza quando gli ormoni estrogeni femminili possono provocare un rialzo o un peggioramento di tiroiditi latenti che, appunto, esplodono proprio in questi momenti e. soprattutto, se durante la gravidanza non si è eseguito uno screening degli ormoni tiroidei”.

La tiroide è una ghiandola che si trova tra laringe e trachea, alla base della parte anteriore del collo e riveste un ruolo fondamentale nell’organismo poichè, sotto il diretto controllo dell’ipofisi, una ghiandola alla base del cervello, produce e secerne gli ormoni tiroidei, necessari per la crescita e lo sviluppo dell’organismo.

“La tiroide è fondamentale per l’uomo perché, in un certo senso, genera energia stimolando tutte le altre cellule – commenta l’esperto – L’intero organismo, compreso e soprattutto il sistema nervoso, sono condizionati da essa sia fisiologicamente e sia patologicamente come nel caso in cui la tiroide fosse eccessivamente presente producendo troppo ormone tiroideo, la tiroxina, o se, al contrario, lo condizionasse in senso negativo, cioè se non riuscisse a fornire un adeguato apporto di ormone. Quando vi è una produzione sufficiente, invece, si instaura un meccanismo che favorisce l’ipofisi a produrre una serie di ormoni di stimolo come il TSH (ormone tireo stimolante). Il meccanismo che si attiva può essere così spiegato: poco ormone tiroideo genera un aumento del TSH (ipotiroideo); troppo ormone tiroideo crea un annullamento del TSH (ipertiroidismo)”.

La tiroide produce essenzialmente la tiroxina o tetraiodo tironina, ossia una proteina che contiene quattro atomi di iodio. Ne consegue che per funzionare bene necessita di un adeguato supporto di iodio.

La terapia più importante da seguire rimane l’apporto di iodio al nostro organismo, soprattutto in gravidanza sia per la mamma e sia per il feto. Il fabbisogno giornaliero di cui necessità l’individuo è di circa 150 microgrammi al giorno – commenta Cuzzoli – E’ fondamentale quindi che nella dieta ci sia un idoneo apporto di sale iodato. Occorre usarne poco ma che sia iodato poiché non viene assorbito dall’organismo quando non serve. Altro alimento utile a questa necessità è il pesce, soprattutto quello azzurro, così come il selenio che contribuisce alla protezione della tiroide. Anche l’acqua delle condutture municipali è arricchita di iodio secondo disposizioni ministeriali adottate per perseguire questa finalità”.

Cosa fare quindi per capire se si è esposti o si soffre di patologie della tiroide?

“Il primo campanello di allarme ci deriva dalle analisi del sangue che devono comporsi di specifici esami ormonali commenta Cuzzoli – E’ importante affermare però che il semplice esame del TSH non è uno screening adeguato: potremmo trovare un TSH nel range della normalità ma non avere una condizione nella norma perché si potrebbero avere comunque anticorpi antitiroide elevati. Esiste, ad esempio, una componente genetica da non sottovalutare poichè, nel caso della tiroide è molto diretta, soprattutto per la relazione madre-figlia. In questo caso è opportuno che la figlia esegua un’ecografia della tiroide in età adulta e, nel caso di sintomi, anche esami funzionali in età giovanile: quindi controllare gli ormoni, TSH, Free T3 e Free T4. Successivamente, il medico procederà con la ricerca degli anticorpi Anti-TPO, o anti tireoglobulina. Qualora ci fossero sintomi di ipertiroidismo quindi tremore, nervosismo, insonnia, tachicardia, dimagrimento, alterazione del ciclo mestruale occorrerà eseguire anche gli anticorpi TSH. Se ci si trova, invece, in presenza di sintomi opposti, quindi stanchezza, astenia, poca attenzione, si dovrà provvedere ad uno screening ormonale quindi TSH, Free T3, Free T4, con ricerca di anticorpi per verificare una condizione di tiroidite di tipo Hashimoto o tiroiditi di origine virale che sono anti limitanti e potrebbero dare il via a meccanismi autoimmuni”.

L’ecografia rientra in uno screening anatomico importante. E’ un esame semplice che si può eseguire in qualsiasi momento, anche durante la gravidanza, e fornisce un accurato modello anatomico della ghiandola.

“Durante l’ecografia si possono riscontrare dei noduli che possono essere o funzionali o non funzionali e particolarmente sospetti e per questi occorre proseguire con ulteriori indagini – continua il dottore – Un esame complementare è l’agoaspirato tiroideo ecoguidato poichè ha un potere diagnostico molto valido ed è semplice da eseguire.”

Prevenzione è, come per numerose patologie, la parola chiave da non dimenticare mai e, soprattutto nel caso della tiroide, inizia dalla nascita grazie all’esecuzione dello screening del TSH e degli ormoni tiroidei che viene eseguito sul neonato. La tiroide è una ghiandola che controlla il metabolismo, il sistema nervoso volontario e involontario ed è oggi curabile. Abbiamo diverse possibilità e dobbiamo fare riscorso tempestivamente ad una griglia di screening e esami per non arrivare a scompensi metabolici e cardiovascolari dovuti all’ipertiroidismo. Occorre, inoltre, curare precocemente la tiroide perchè se infiammata conduce certamente ad una forma di ipertiroidismo grave. Quindi – aggiunge Cuzzoli – nel caso di astenia, dolore al collo, fastidio alla base anteriore del collo, dolore spesso definito come bruciore, simile al dolore da reflusso e soprattutto se questi sintomi sono presenti in donne di giovane età, quindi con presenza di estrogeni, o se la donna è in gravidanza o nel post gravidanza, non ci si può esimere dal sospettare una tiroidite, che può essere anche su base autoimmune ossia con presenza di anticorpi antitiroide”.

La patologia autoimmune, ossia tiroide di Hashimoto, è una patologie molto comune e può esordire con una fase acuta per poi passare ad un periodo lento e cronico che conduce verso l’ipotiroidismo. Tra le patologie autoimmuni della tiroide rientra anche il Morbo di Basedow nel quale il sistema immunitario riconosce come estranea all’organismo la tiroide attaccandola e producendo degli anticorpi contro il recettore del TSH (TSH-receptor antibodies, TRAb) situati sulle cellule tiroidee. “In questo caso – commenta l’esperto – la tiroide si infiamma in forma molto violenta fino a provocare una tempesta tiroidea e, in sede di ecografia, la ghiandola mostra una vascolarizzazione ricchissima che può produrre contemporaneamente anche una condizione di esoftalmo, ossia quando il bulbo oculare sporge dall’orbita: questi anticorpi attaccano sia l’organo bulbo oculare e sia l’organo tiroide. Il Morbo di Basedow provoca inoltre un’attivazione eccessiva del sistema nervoso simpatico con sintomi quali tachicardia, tremore non volontario, dimagramento, insonnia”.

Il Morbo di Basedow ha una prevalenza media che si aggira tra lo 0.5 ed il 2% della popolazione e predilige il sesso femminile. Diverse sono le cause individuate alla base del suo sviluppo, prima fra tutte la predisposizione genetica, motivo per cui è importante indagare la familiarità e la possibilità di associazione con altre patologie autoimmuni sia della tiroide (tiroidite di Hashimoto con o senza ipotiroidismo) sia di altri organi o sistemiche (diabete di tipo I, celiachia, artrite reumatoide, lupus, vitiligine).

“Oggi abbiamo una maggiore prevalenza di patologie autoimmuni sia perché le conosciamo meglio e sia perché rappresentano il frutto di un processo piuttosto lungo – afferma l’esperto – La specie umana sta subendo degli insulti legati all’ ambiente adattandosi a grossi cambiamenti. Noi abbiamo due sistemi fondamentali, quello nervoso e quello ormonale. Il sistema nervoso sta facendo dei passi da gigante per sopravvivere allo stress della vita quotidiana ma questo sopravvivere sta condizionando il sistema autoimmune”.

Affianco ai fattori protettivi legati fondamentalmente all’apporto di iodio, esistono anche dei fattori di rischio come l’esposizione a radiazioni ionizzanti derivanti, per esempio, dalla centrale nucleare di Chernobyl che ha generato un aumento di patologie della tiroide e, nei ragazzi che abitano vicino Chernobyl, numerosi casi di carcinomi tiroidei. Fumo e alcool, rassicura invece l’esperto, non hanno una correlazione diretta con i problemi di questa fondamentale ghiandola.

Nell’ambito delle patologie della tiroide, rientra quindi anche il carcinoma tiroideo, considerato una neoplasia rara in quanto costituisce il 2% di tutti i tumori. Si può manifestare a tutte le età, con massima incidenza tra i 25 e i 60 anni e con una maggiore prevalenza nel sesso femminile.

“Questo tumore è curabile soprattutto nelle prime fasi tramite trattamento con ionio radioattivo che brucia le cellule tumorali. Il paziente dovrà seguire successivamente un follow up con dei marcatori tumorali. La sopravvivenza risulta, inoltre, molto elevata se preso nei primi stadi, superando il 90% a 5 anni se è di tipo follicolare capillifero. Esiste anche il carcinoma anaplastico della tiroide che non ha specializzazioni e non risente della terapia radio metabolica. E’ maggiormente aggressivo e può essere sede di linfoma maligno– aggiunge Cuzzoli.

Altro capitolo è inoltre dedicato all’adenoma che si evidenzia tramite biopsia. “Negli ultimi anni abbiamo iniziato a studiare l’adenoma in maniera diversa – commenta il dottor Cuzzoli – Con la scintigrafia osserviamo se un nodulo è freddo o caldo. I noduli caldi in passato venivano considerati benigni ma non possiamo esimerci dal considerare una percentuale di essi che può trasformarsi in carcinoma. Alcune scuole considerano l’adenoma già un carcinoma. Nella sua cura, la terapia radio metabolica e quella chirurgica risultano di elezione”. – conclude il dottor Cuzzoli.


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