Coronavirus: rapporto sui danni indiretti della pandemia

Articolo di · 30 agosto 2021 ·

Un rapporto della Fondazione Gimbe: il rinvio nell’erogazione delle prestazioni sanitarie per il sovraccarico ospedaliero causato dal Covid-19 ha influito sull’aumento della mortalità nel 2020 e potrà avere ripercussioni negative sulla salute della popolazione nei prossimi anni

L’impatto della pandemia di coronavirus per la salute non si limita ai danni provocati direttamente dal Covid-19 (mortalità, ricoveri, long-covid). Le tre ondate epidemiche a partire dal marzo 2020 hanno causato danni indiretti, dovuti a ritardo nell’accesso ai servizi sanitari e all’annullamento di prestazioni non urgenti ma pur sempre importanti specie per i pazienti fragili e cronici, che potrebbero tradursi in un peggioramento della salute della popolazione nei prossimi anni.

La Fondazione Gimbe ha di recente pubblicato un report che fotografa questo calo di ricoveri e prestazioni sanitarie ambulatoriali nel il 2020 in rapporto al 2019 dal titolo Impatto della pandemia COVID-19 sull’erogazione di prestazioni sanitarie.riduzione ricoveri e prestazioni sanitarie

La pandemia si è inserita in un contesto di indebolimento della Servizio Sanitario Nazionale generato da un decennio di riduzione delle risorse. Dal 2010 al 2019, tra tagli e definanziamenti, sono stati sottratti al SSN 37 miliardi, mentre il finanziamento pubblico è aumentato di soli 8,8 miliardi, crescendo a un tasso, lo 0,90% annuo, inferiore a quello dell’inflazione (1,07%), e quindi insufficiente anche solo a mantenere il potere d’acquisto (Report Osservatorio Gimbe n. 7/2019, Il definanziamento 2010-2019 del Servizio Sanitario Nazionale).

“L’avvento di COVID-19 – si  legge nel recente report – ha trovato dunque un SSN totalmente impreparato alla gestione di una pandemia, fortemente condizionato da 21 differenti sistemi sanitari e da una non sempre leale collaborazione Stato-Regioni e indebolito dall’imponente definanziamento”. Tale definanziamento ha “determinato un grave indebolimento del capitale umano, carenza di posti letto, un parco tecnologico obsoleto, etc. La pandemia ha inoltre amplificato il cortocircuito di competenze tra Stato e Regioni, per i quali la sanità rappresenta dal 2001 materia di legislazione concorrente”.

L’analisi di Gimbe si sviluppa su due livelli, quello generale, con la differenza di volumi di ricoveri fra il 2019 e 2020 e di prestazioni di specialistica ambulatoriale, e quello specialistico, con l’analisi di alcune aree specifiche: tumore della mammella,  tumore del colon-retto, patologie tempo dipendenti (infarto miocardico acuto e ictus ischemico), obesità e chirurgia bariatrica, ortopedia (protesica).

Le tre ondare di Covid hanno generato un sovraccarico ospedaliero che ha costretto “a cancellare e rimandare prestazioni sanitarie non urgenti, sia per la saturazione delle terapie intensive che non consentiva la regolare esecuzione di interventi chirurgici in elezione, che per il trasferimento di parte del personale sanitario presso i reparti dedicati al COVID-19, che, infine, per il timore o le difficoltà delle persone nel recarsi presso le strutture ospedaliere per visite specialistiche, screening oncologici, visite di follow-up e interventi chirurgici non urgenti”, con un importante impatto sui pazienti con malattie croniche che necessitano di un accesso continuo ai servizi sanitari per visite ed esami.

Di conseguenza, fa notare la Fondazione Gimbe, queste presone fragili, oltre a essere più vulnerabili al Covid-19, “sono anche maggiormente esposte ai maggiori danni indirettamente causati dalla pandemia, indipendentemente dal fatto che essi siano legati al sovraccarico ospedaliero e, più in generale, dei servizi sanitari o alle politiche restrittive necessarie al contenimento e alla mitigazione del contagio”. I danni indiretti del coronavirus per la salute non sono però circoscritti alle malattie croniche, ma si estendono a quelle aree cliniche in cui la tempestività di intervento è cruciale (oncologia, infarti, ictuss).

danni indiretti del coronavirus sulla saluteQuesti effetti negativi indiretti della pandemia si registrano anche fuori dall’Italia, da un’analisi sui dati di 20 Paesi citata nel report di Gimbe, risulta che “l’utilizzo dei servizi sanitari si è ridotto in media del 37%, e più precisamente: riduzione del 42% delle visite, del 31% della diagnostica, del 30% delle terapie e del 28% dei ricoveri”.

La saturazione ospedaliera che ha portato alla cancellazione di prestazioni sanitarie non urgenti e al timore dei cittadini di recarsi in ospedale, ha contribuito anch’essa all’aumento della mortalità: nel nostro Paese, nel 2020, sono decedute 746.146 persone, il 15,6% in più della media dei cinque anni precedenti.

Con un Decreto legge dell’agosto 2020, per riassorbire le prestazioni sanitarie non erogate, sono state finanziate ulteriori spese per il Servizio Sanitario Nazionale per 478,2 milioni di euro: 112,4 milioni per incentivi al personale per ricoveri ospedalieri, 355,8 milioni per le prestazioni di specialistica ambulatoriale e 10 milioni per l’aumento del monte ore dell’assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata.

Secondo l’analisi condotta dal Ministero della Salute, nel 2020 rispetto al 2019, i ricoveri in meno sono stati 1,3 milioni (-17%), per il 52,4% rappresentati da ricoveri medici e per il 47,6% da ricoveri chirurgici. Inoltre il 57,4% di questi 1,3 milioni era rappresentato da prestazioni urgenti e il restante da ricoveri programmati.

La riduzione delle prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale, invece, è stata fra il 2019 e il 2020 di 144,5 milioni, soprattutto in strutture pubbliche (90,2%),  il 62,2% di queste rappresentato da esami di laboratorio, il 13,9% da diagnostica, il 12,95 da visite, il 5,8% da riabilitazione e il 4,9% dall’area terapeutica.

Il focus sulle singole aree cliniche analizzate evidenzia la stessa situazione di riduzione delle prestazioni erogate. Benché con talune differenze fra le varie aree considerate, il calo del 2020 in relazione al 2019, si registra soprattutto per il periodo gennaio-maggio, seguito dal periodo, per il periodo gennaio-maggio 2020, seguito dal periodo giugno-settembre.

Il report rileva, infine, che “la riduzione delle attività varia notevolmente da Regione a Regione e in molti casi non è possibile giustificarne l’entità con riferimento alla situazione epidemiologica: alcune Regioni del Sud, per esempio, meno coinvolte dall’epidemia Covid-19 durante la prima ondata, hanno registrato un taglio delle attività confrontabile, in variazione percentuale, alle Regioni del Nord maggiormente colpite”.


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