Ai primi del Novecento, la Mutua dei macchinisti e fuochisti, antenata di CesarePozzo, era una delle società di mutuo soccorso più grandi d’Italia, contando 1.550 soci nel 1904, secondo una statistica sulle società di mutuo soccorso del Ministero di Agricoltura Commercio e Industria. In questi anni le vicende di CesarePozzo sono ancora molto legate al rapporto con la nascente organizzazione sindacale dei ferrovieri.
Nel 1900 diviene presidente Eugenio Tournier, che è allo stesso tempo uno dei massimi dirigenti del neonato Sindacato conduttori di locomotive. Sciolte le organizzazioni sindacali a seguito della repressione dei moti popolari del 1898, in questi anni è in corso fra i ferrovieri un serrato confronto circa la forma da dare al ricostituendo sindacato di categoria. Da un lato vi è la posizione di sindacato unico, ideologicamente vicina alle componenti sindacaliste-rivoluzionarie del PSI, dall’altro l’idea, prossima alle componenti riformiste, di una Federazione fra sindacati autonomi rappresentanti ciascuno le diverse qualifiche dei ferrovieri. Tournier schiera la Mutua su quest’ultima posizione, proponendo addirittura la fusione tra Mutua e sindacato stesso. Il gruppo dirigente mutualista tende quasi a confondersi con quello del sindacato dei macchinisti.
La Casa dei Ferrovieri: la Sede Sociale della Battaglia Sindacale
Le risorse della Mutua vengono utilizzate anche per sostenere la battaglia sindacale del personale di macchina e la confusione fra le due organizzazioni ha un forte impatto finanziario sul bilancio, già gravato dai debiti contratti per l’acquisto della sede sociale di Via San Gregorio a Milano.
Per quanto riguarda la Casa dei ferrovieri infatti, una volta liberata dalle truppe di Bava Beccaris, era stato necessario risolvere la questione della proprietà, dato che l’edificio era stato costruito per conto di un apposito Comitato pro-casa, formato da vari soggetti. La Mutua Macchinisti e Fuochisti era allora una società di fatto non riconosciuta e non poteva possedere immobili. Nel 1900 era stata quindi costituita la Società anonima case dei ferrovieri, emanazione del Sodalizio, che aveva rilevato l’immobile e il terreno dal Comitato pro-casa per il prezzo di 120.000 lire.
Per sanare il notevole buco di bilancio generato dalle spese per la sede e da quelle sindacali, dopo un paio di mutui ipotecari accesi sull’edificio, Tournier, in qualità di presidente della Mutua e amministratore della Società anonima case dei ferrovieri, senza farsi autorizzare dall’assemblea e dal consiglio direttivo, vende a un privato la Casa dei ferrovieri. L’assemblea generale del 1907 si oppone alla vendita e vota una mozione di censura all’operato di Tournier. L’assemblea straordinaria del 1908 dà mandato al nuovo presidente Gian Battista Muzzi di procedere per vie legali al recupero di quanto ceduto illegittimamente. Nel 1910 La Corte d’appello del Tribunale di Milano dà infine ragione alla Mutua, ritenendo non valido l’atto di vendita: la Casa dei ferrovieri torna di proprietà della Società anonima case dei ferrovieri.
Presidenza Muzzi: Mutualismo, Previdenza e Gestione Democratica
Nel frattempo si è costituito nel 1907 il Sindacato ferrovieri italiani, organizzazione unitaria di categoria. Dalla denominazione di CesarePozzo che si chiama allora “Società di mutuo soccorso e miglioramento fra i conduttori di locomotive, treni elettrici e affini delle ferrovie italiane”, si elimina quindi il termine “miglioramento”, potendo le questioni sindacali venire affrontate dalla nuova organizzazione. La mutua può tornare a occuparsi soltanto di sussidi.
La presidenza Muzzi si impegna nel riordino amministrativo e finanziario del Sodalizio. Viene posta attenzione al regolare versamento delle quote associative e si potenzia l’opera di proselitismo per coinvolgere nuovi soci, ponendo il focus sul mutualismo, sul bisogno di previdenza da parte dei macchinisti e sulla gestione democratica della società.
In ambito mutualistico si era anche tornati a discutere della questione pensioni, girando sempre intorno al solito argomento, cioè “la stabilità del numero dei soci nel lungo periodo”, tanto che nel 1904 era stata istituita una Cassa di previdenza con adesione volontaria da parte dei soci. Le somme versate avrebbero fruttato un 3% annuo e si sarebbero potute prelevare in vari casi (morte del socio, messa in quiescenza, tre mesi di continuata malattia, licenziamento, trasloco punitivo, imprigionamento). Tale Cassa non ha però successo e si rivela finanziariamente insostenibile con somme a rimborso che per alcuni anni avrebbero gravato sul bilancio della Mutua.
Nel primo dopoguerra la Mutua si trova nuovamente a fronteggiare una situazione di deficit di gestione sia per il notevole incremento di sussidi erogati ai soci a seguito della terribile pandemia di influenza del 1918 (la “febbre spagnola”), sia per i sussidi erogati a seguito di sospensione dal servizio dei soci o altre sanzioni dell’amministrazione ferroviaria conseguenti agli scioperi del dopoguerra e alle agitazioni del biennio rosso 1919-1920. Sebbene ricondotta all’ambito del mutuo soccorso, CesarePozzo aveva infatti mantenuto un forte legame col sindacato: lo statuto del 1917 sancisce l’obbligo morale dei soci di iscriversi al sindacato, mentre la mancata solidarietà alle agitazioni di categoria è motivo di indegnità che provoca la decadenza da socio.
(A cura di Stefano Maggi con la collaborazione di Federico De Palo)