Negli anni ’70 inizia il percorso di cambiamento e di adeguamento ai tempi. La mutua dei soli macchinisti apre le porte a tutti i ferrovieri e poi agli altri lavoratori dei trasporti. Si avvia un percorso che trasformerà la Mutua Sanitaria Cesare Pozzo da mutua ritagliata sui bisogni del personale di macchina all’attuale mutua sanitaria, rispondente ai bisogni di welfare sanitario di tutti i cittadini. Fondamentale in questo processo è l’opera del presidente Gabriele Ferri.
Gli anni ’70 iniziano con un accentuarsi della crisi: i soci diminuiscono e si accresce il disavanzo di bilancio. È a rischio la stessa sopravvivenza della Mutua. L’assemblea del 1972 approva la proposta del presidente uscente Ferruccio Bovani di aumentare le quote sociali da 2.400 a 3.600 lire l’anno, ma siamo in un periodo di forte inflazione. Bovani, in carica dal 1960, decide di non si ricandidarsi e i nuovi eletti del consiglio di amministrazione nominano presidente Gabriele Ferri.
Ferri era nato a Varese nel 1919 e aveva partecipato alla Resistenza. Assunto nelle FS come allievo fuochista si era iscritto alla Mutua e al Sindacato ferrovieri italiani, in cui aveva ricoperto i ruoli di segretario provinciale e poi responsabile regionale, nonché membro del comitato centrale. Insieme a lui, arriva alla guida del Sodalizio un nuovo gruppo dirigente di macchinisti milanesi molto dinamici.
Il nuovo consiglio si trova a dover gestire la difficile situazione finanziaria e porta le quote sociali a 6.000 lire annue. Non è neanche più possibile attingere agli affitti: i proventi degli immobili per alcuni anni devono essere destinati ai fabbricati stessi che necessitano di importanti opere di manutenzione e miglioramento.
Dal 1973 la Mutua ottiene dalle Ferrovie dello Stato la trattenuta in busta paga dei versamenti delle quote sociali, una conquista importante che il sindacato aveva già ottenuto nel 1963: la trattenuta a ruolo rende meno gravoso il lavoro dei rappresentanti e diminuisce di molto le morosità dei soci.
Nel 1973 confluisce in CesarePozzo la mutua del personale di macchina che era nata a Firenze nel 1964. Il Sodalizio aggiunge l’aggettivo “nazionale” alla propria denominazione chiamandosi ora Mutua nazionale del personale di macchina delle Ferrovie dello Stato. Grazie a questa operazione i soci rappresentati all’assemblea del 1974 diventano 13.351. Si comincia anche ad attuare una propaganda più efficace, le spese e le entrate crescono parallelamente all’incremento dei soci, e il problema del deficit di bilancio è superato.
Il passaggio più importante di questi anni è sicuramente l’apertura della Mutua a tutti i ferrovieri. Approvata a maggioranza nel 1976, non senza alcune opposizioni di carattere corporativo, tale apertura è fortemente voluta dal presidente Gabriele Ferri: “non vi è ragione sia sul piano di principio e tanto meno sul piano della solidarietà di classe, di respingere i ferrovieri delle altre qualifiche […] Ma al di là di queste considerazioni, il fatto dell’apertura ufficiale, ci consente di smantellare quelle accuse di corporativismo affrontando il centenario più uniti nel movimento e consci di assolvere ad un fondamentale dovere politico”.
Il Sodalizio cresce e anche il tradizionale “scrivano”, unico dipendente retribuito, viene sostituito da un’impiegata, poi due nel 1975 e tre nel 1976. In un periodo di forte inflazione e aumenti retributivi, si decide di portare le quote mensili da 500 a 1.000 lire. Esse rimangono comunque molto più basse di quelle dell’Ottocento, quando si versava una giornata di lavoro al mese, mentre ora la quota mensile è appena 1/10 di una giornata lavorativa.
Nel 1977, in occasione del centenario, il nome cambia in “Società nazionale di mutuo soccorso fra i ferrovieri FS”, tornando alle origini e abbandonando il termine “Mutua” adottato nel 1925, perché, nelle parole di Ferri, siamo “una vera società di mutuo soccorso ai lavoratori e non una mutua nel senso che si dà oggi alla parola e cioè sanitaria e parastatale”.
I cento anni del sodalizio sono festeggiati con varie iniziative (pubblicazioni, mostre, convegni, due treni, uno vecchio e uno nuovo, che percorrono la ferrovia Milano-Monza) e con l’inaugurazione della Biblioteca Cesare Pozzo. Pochi anni dopo, nel 1979, nasce il giornale sociale “Il Treno” che, nel suo primo numero, annuncia l’importante istituzione di borse di studio per i soci e i loro figli.
Inizia dunque un lungo processo di proiezione verso l’esterno. Mentre si ammettono tutti i ferrovieri, si consolidano i rapporti con la Lega nazionale delle cooperative e mutue e con la Federazione italiana mutue.
Anche se l’adesione delle altre qualifiche di ferrovieri è all’inizio limitata, gli iscritti sono comunque in costante crescita (tra il 1978 e il 1979 si registrano 1.700 nuove adesioni). Nel 1978 i soci del personale di macchina sono oltre 17.000, mentre gli altri ferrovieri sono circa 1.500. Il presidente Ferri individua gli ostacoli in “alcuni residui corporativi” sia fra i macchinisti che nelle altre qualifiche “che forse non hanno ancora compreso l’importanza dell’associazionismo mutualistico”. Bisogna quindi far capire a tutti i molti vantaggi della mutua (maggiori prestazioni, minori contributi associativi, chiarezza dei bilanci e decisioni democratiche degli associati).
Con l’apertura a tutti i ferrovieri inizia una stagione di confluenza nella mutua nazionale delle mutue locali, fra cui alcuni sodalizi del personale viaggiante (capi treno, conduttori, ausiliari) che, a differenza dei macchinisti, dopo il periodo fascista avevano conservato soltanto piccole società di mutuo soccorso nei singoli impianti.
Nel 1979 viene costituito a Roma il primo coordinamento regionale della mutua, avviando un decentramento sul territorio foriero di novità importanti nell’organizzazione e nella crescita del Sodalizio.
Dal lato delle prestazioni mutualistiche, accanto ai tradizionali sussidi legati alla professione (malattia con riduzione dello stipendio, tutela legale, detenzione, sospensione, inidoneità fisica e decesso) in questi anni vengono introdotti nuovi sussidi (sussidio clinico-ospedaliero, premio di riconoscenza, sussidio straordinario).
Nel frattempo, i sindacati si stanno evolvendo con la creazione delle federazioni tra i lavoratori dei trasporti e anche la mutua non può rimanere estranea a questo movimento e, nell’aprile 1980, si apre a tutti i lavoratori dei trasporti.
(a cura di Stefano Maggi con la collaborazione di Federico De Palo)