Vittima dell’attentato terroristico di Strasburgo nel 2018, Antonio era un giornalista appassionato di Unione Europea che desiderava che le persone fossero formate e informate al fine di diventare cittadini consapevoli. La sua ironia fine e la sua voglia di comunicare continuano a vivere grazie alla Fondazione che porta il suo nome.
“Era un comunicatore, amava il confronto, lo scambio di opinioni costruttivo e non il conflitto. Fin da bambino Antonio si chiedeva il perchè delle cose, voleva arrivare al cuore delle questioni e proprio questa sua voglia di sapere è diventata la base della sua carriera. Faceva il giornalista e amava la radio in maniera viscerale perché lo considerava un mezzo intimo”. Descrive così Antonio Megalizzi, sua sorella Federica in occasione della Giornata internazionale del ricordo e del tributo alle vittime di terrorismo istituita nel 2017 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per ribadire l’importanza della promozione e della protezione dei diritti umani e dello stato di diritto, a livello nazionale e internazionale, al fine di prevenire e combattere il terrorismo.
Era l’11 dicembre 2018 quando Chérif Chekatt, un terrorista islamico aprì il fuoco sulla folla al mercatino di Natale di Strasburgo, provocando la morte di cinque persone e ferendone undici. Antonio era lì e fu colpito alla testa per morire dopo tre giorni in ospedale.
Figlio di un socio della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, Antonio amava la radio e l’Europa e aveva 29 anni. Era un giornalista, volontario di Europhonica, una web radio dedicata all’Europa, scrittore, autore e speaker radiofonico. Comincia a fare radio fin da bambino, giocando ad intervistare i suoi amici per delle dirette radiofoniche con il registratore giocattolo. Timido e insicuro, combatte il suo carattere mettendosi in prima linea e iniziando a collaborare con la prima emittente professionista “RTT la Radio” come tecnico di regia e programmatore musicale; questa scelta, diventa terapeutica per il suo carattere timido e gli permette di superare la sua riservatezza.
In questa giornata, il pensiero della Mutua sanitaria Cesare Pozzo va a lui, figlio di un socio della Mutua, che nella sua pur breve vita terrena, è stato esempio di ascolto, solidarietà, rispetto e inclusione.
“Lo scopo degli atti terroristici è creare terrore, andare ad infierire sulle persone che non c’entrano nulla, colpendo a caso, per generare clamore e paura e lasciando tutti nell’impotenza – commenta Federica – In questa giornata il mio messaggio di solidarietà va a tutte le famiglie che hanno subito un’ingiustizia come la nostra, che hanno perso un familiare in questo modo così violento e inspiegabile ma che trovano la forza, tutti i giorni, per andare avanti rispondendo con azioni di inclusione e solidarietà, restituendo così un po’ di giustizia a quanto accaduto”.
E’ proprio con l’obiettivo di portare avanti la volontà di Antonio che nasce la Fondazione Antonio Megalizzi il 3 dicembre 2019, occupandosi di formazione, informazione, fake-news e Unione Europea e impegnandosi su diversi fronti: dalla rubrica sul sito che ogni settimana approfondisce una parola, alle iniziative di sensibilizzazione nelle scuole sul concetto di Unione Europea, ai seminari online più di nicchia, fino all’ultimo progetto “Ambasciatori” che andrà avanti per tutto il 2021 e selezionerà una trentina di studenti universitari perché possano essere formati su determinati temi comunitari per poterli poi esporre nelle scuole. Dietro a queste idee c’è un team: Luana Moresco, la sua compagna, è presidente della Fondazione, ma accanto a lei ci sono la sorella di Antonio, Federica Megalizzi, 26 anni, vicepresidente e Caterina Moser, 26 anni, amica e collega, con lui a Strasburgo la sera dell’attentato, responsabile della comunicazione.
“La Fondazione Antonio Megalizzi nasce per un comune volere di tutta la nostra famiglia – afferma Federica – Volevamo fermamente che il pensiero di Antonio continuasse a vivere. Abbiamo avuto il supporto di tante persone, enti e istituzioni pubbliche come la Provincia e il Comune di Trento. Si sono avvicinate alla Fondazione tanti volontari che ci aiutano negli eventi, nelle grafiche e nei testi. Un target importante per noi sono le scuole perché Antonio credeva nell’importanza di creare una coscienza critica tra i ragazzi, dalle scuole elementari alle superiori. Voleva che le persone fossero formate e informate e che avessero senso civico per generare un confronto costruttivo e diventare cittadini consapevoli. Portare avanti il suo messaggio è una responsabilità molto grande, è un impegno ambizioso che ci aiuta a custodire ogni giorno la sua memoria sia verso chi ha conosciuto Antonio e sia verso chi non lo ha conosciuto. Vedere che grazie al suo pensiero qualche giovane si appassiona all’Unione Europea ci aiuta a sentire Antonio qui con noi. Nella tragicità della situazione, tutto questo restituisce un senso profondo”.
Antonio ha studiato all’Università Scienze della Comunicazione. La passione per l’Unione Europea arriva più tardi grazie all’incontro con Luana, la sua compagna, riuscendo così ad incrociare i suoi due mondi.
“Comunicava nella sua vita privata, nel suo lavoro e con gli amici. Con lui si aveva sempre un confronto continuo – commenta Federica – Antonio si era reso conto dei limiti esistenti a livello giornalistico e comunicativo. Voleva essere sempre preparato e informato, era una persona instancabile e non dormiva mai. Riteneva improduttivo dormire. Voleva creare e, oltre alla radio, si esprimeva attraverso la scrittura e la creazione di contenuti multimediali. Cercava di rendere tutto più ironico, più pop, come amava definirlo lui. E’ proprio quella ironia raffinata che lo caratterizzava che continua a vivere, anche nel mio modo di comportarmi. Tutti noi agiamo e reagiamo come avrebbe fatto lui, in termini di inclusione e rispetto reciproco. Antonio ci ha trasmesso l’importanza del prendersi del tempo per riflettere, entrare in contatto con l’altro e spiegare le cose, capire, confrontarsi e ascoltare, dare il massimo per essere corretti e fare del bene. Il nostro attuale modo di comportarci si assomiglia a quello suo, non per imitazione ma per un avvenuto passaggio di consegna.”